La prima apparizione del Ju Jutsu in Italia risale al 1908 durante un’esibizione, presenziata da Re Vittorio Emanuele III, dei marinai Piazzolla e Moscardelli; ma la prima divulgazione dell’arte è dovuta ad un altro marinaio, Gino Bianchi.
Nato nel 1914, studiò il Ju Jutsu a Tien-Tsin, colonia italiana in Cina durante la seconda Guerra Mondiale, quando questa regione era occupata dal Giappone.
Negli anni ’40 venne codificato il “Metodo Bianchi”, primo ed unico stile di Ju Jutsu esistente a quell’epoca in Italia. E’ sostanzialmente solo a partire dalla metà del ’900 che alcuni praticanti di arti marziali giapponesi “nostrani” cominciano ad essere “accettati” all’ interno dei Dojo Tradizionali Giapponesi.
Inizialmente, infatti, i depositari delle più antiche discipline marziali del continente nipponico erano gelosi e restii all’insegnamento delle loro antiche pratiche alle popolazioni occidentali.
Successivamente si accorsero che spesso gli occidentali trovavano più interesse dei locali nella pratica e nell’ apprendimento. Pertanto, progressivamente, incominciarono a divulgare anche al di fuori del Giappone i loro preziosi insegnamenti.
Oggi la diffusione, ancora molto limitata, degli stili tradizionali (quelli originali) di Ju Jutsu è dovuta al ruolo svolto da singoli o piccoli gruppi di individui che hanno avuto la forza e le capacità di intraprendere una nuova, ma molto antica, strada. Dal 1931 il Ju Jutsu è entrato far parte della odierna F.I.J.L.K.A.M (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti marziali).
Dal 1990 tale federazione, riconoscendo il prestigio della Scuola di Ju Jutsu Tradizionale Giapponese Hontai Yoshin Ryu, ha inserito nel suo programma tecnico federale i Kata di questa antica scuola.
I coordinatori nazionali del settore Ju Jutsu del Coni sono il M° Stelvio Sciutto per la parte inerente lo studio dei Kata Tradizionali ( Hontai Yoshin Ryu ) e il M° Giancarlo Bagnulo per quella riguardante lo studio delle tecniche di difesa personale (Metodo Bianchi ).